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Mostra fotografica: Rocce vive di Sardegna

Tra il 2020 e il 2021, in piena pandemia, Beppe Fumagalli si è rifugiato tra Capo Pecora e Scivu, in una delle zone più selvagge della costa occidentale della Sardegna. E in quel momento di assoluto isolamento ha sentito accanto a sé la presenza, muta ma viva, della pietra. Presentata come una sequenza di stone portraits in bianco e nero, la mostra è il resoconto di un cammino visionario attraverso le straordinarie formazioni rocciose emerse in epoca cambriana (600 milioni di anni fa), che nel corso dei millenni sono state modellate dall’acqua e dal vento a immagine e somiglianza del mondo vivente. Una cattedrale a cielo aperto dove la natura riproduce sé stessa, fissa nella pietra le sue metafore, i suoi cicli, il senso impenetrabile e grandioso delle sue traiettorie.

Beppe Fumagalli, giornalista, dal 2007 inviato di OGGI, ha girato il mondo con taccuino in tasca e macchina fotografica
al collo. Da Bergamo, dove è nato, s’è subito spostato a Milano e da lì a Londra, New York e in California. Ha vissuto a Dubai, e per sei anni in Africa occidentale tra Ghana, Togo e Nigeria. È arrivato la prima volta in Sardegna nel 1970, quando era bambino e da allora non ha mai smesso di amarla.

La mostra, curata da Roberta Vanali, prodotta dal Centro Fotografico di Cagliari di Cristian Castelnuovo e postprodotta dal Laboratorio Roberto Berné di Legnano, è accompagnata da una scheda scientifica di geologi dell’università di Cagliari

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